Sono finiti i giorni in cui gli Stati Uniti e l’Europa si affrontavano solo in partite sportive amichevoli o gareggiavano per la supremazia tecnologica in un mondo che sembrava abbastanza grande da consentire a entrambi di coesistere pacificamente. Ora è emerso un nuovo campo di battaglia, che pone le due potenze economiche in un’intensa rivalità che la dice lunga sul futuro della produttività globale. La questione non è chi ha più armi nucleari o i computer più veloci; si tratta di chi può lavorare in modo più intelligente, non di più, e la posta in gioco non potrebbe essere più alta.
Sono disponibili le statistiche più recenti e stanno suscitando scalpore oltreoceano. Mentre lo Zio Sam mostra i muscoli della produttività con un notevole aumento del 2,6%, l’Europa si gratta la testa per un calo dell’1,2%. Se pensate che questo sia solo un segnale sul radar economico, ripensatevi. Questa tendenza non è nuova; Negli ultimi vent’anni, gli Stati Uniti hanno girato in tondo sia nell’eurozona che nel Regno Unito, raddoppiando la crescita della propria produttività.
Al centro di questa saga competitiva c’è una metrica semplice ma potente: la produzione per ora lavorata. Qui gli Stati Uniti brillano, superando l’Europa con una crescita di oltre il 6% nel settore non agricolo dal 2019. L’Europa, d’altro canto, riesce a malapena a tenere il passo, con una crescita che si aggira intorno all’1%. Il divario è più di un numero; è la testimonianza di una solida economia statunitense, sostenuta da investimenti nel settore verde, da un’impennata di nuove imprese e da una forza lavoro che si sta rapidamente adattando alle esigenze del lavoro a distanza.
Ma perché questo ritardo in Europa? Il continente è alle prese con un minore sostegno fiscale e un significativo aumento dei prezzi dell’energia, grazie in gran parte alle tensioni geopolitiche. Aggiungete a ciò la natura frammentata dei suoi mercati finanziari e delle sue normative, e avrete la ricetta per la vulnerabilità. La risposta frammentata dell’Europa agli shock economici è in netto contrasto con l’approccio più unificato degli Stati Uniti.
La lotta dell’Europa per tenere il passo con gli Stati Uniti non è dovuta alla mancanza di tentativi, ma forse all’esitazione a impegnarsi pienamente nella trasformazione digitale che gli Stati Uniti hanno sostenuto. Questo ritardo sta costando caro all’Europa, non solo in termini di produttività, ma anche in termini di capacità di competere sulla scena globale.
La resilienza economica degli Stati Uniti è più evidente che mai, con una crescita del PIL che supera le aspettative e che li posiziona come leader tra le economie avanzate. Non si tratta solo di riprendersi da una recessione indotta dalla pandemia; è un chiaro segnale di un cambiamento più ampio nelle dinamiche del potere economico globale.
I leader europei si stanno rendendo conto della realtà di questa crisi di competitività, con richieste di maggiori investimenti e una ricerca più aggressiva dell’efficienza digitale. L’UE si trova a un bivio, di fronte alla sfida di promuovere l’innovazione e gli investimenti per colmare questo crescente divario di produttività. È un compito arduo e il tempo stringe.
Nel frattempo, gli Stati Uniti non si riposano sugli allori. Il recente aumento della produttività è una combinazione di investimenti strategici e di un ambiente economico che incoraggia l’innovazione e l’imprenditorialità. Il divario di produttività tra Stati Uniti ed Europa riflette anche differenze economiche e strutturali più profonde. La risposta frammentata dell’Europa agli shock economici, unita alla più lenta adozione delle tecnologie digitali, è in netto contrasto con l’approccio più coeso e innovativo degli Stati Uniti.