La banca d'investimento svizzera UBS prevede che il pacchetto di stimoli fiscali di Pechino, stimato tra 1,5 e 2 trilioni di RMB, spingerà molti investitori a ritirarsi dalle criptovalute e a spostare i loro capitali in asset tradizionali.
Wang Tao, economista capo cinese di UBS, ha spiegato in un rapporto che Pechino potrebbe lavorare con una cifra più ampia (tra 2 e 10 trilioni di RMB, che equivale dall'1,6% all'8% del PIL cinese).
Stabilizzare il mercato immobiliare cinese
Gli sforzi fiscali del governo cinese sembrano in gran parte mirati a stabilizzare il mercato immobiliare, che già da tempo è in difficoltà.
Wang ha sottolineato che un aumento degli stimoli è essenziale per compensare la flessione del settore immobiliare e per ravvivare la fiducia delle imprese e dei consumatori.
Un mercato immobiliare debole ha trascinato l’economia verso il basso e, senza un’iniezione di fondi, potrebbe continuare a crescere a spirale.
Se l’economia cinese riuscisse a stabilizzarsi, grazie a queste misure di stimolo potrebbe crescere di circa il 5% nei prossimi due anni.
UBS prevede che la prima serie di misure fiscali cadrà subito dopo la festività della Giornata Nazionale o in prossimità della pubblicazione dei dati economici del terzo trimestre, prevista per il 18 ottobre.
Si prevede qualcosa di più per il prossimo anno, possibilmente in occasione della Conferenza Centrale sul Lavoro Economico di dicembre. Sul tavolo figura un’espansione fiscale compresa tra 2mila e 3mila miliardi di RMB nel 2025.
Spese pesanti per la ripresa
Finora, la Cina ha lanciato un pacchetto completo di stimoli del valore stimato di 7,5 trilioni di RMB (1,07 trilioni di dollari), che rappresentano circa il 6% del PIL nazionale.
Le misure chiave includono la riduzione del debito ipotecario, le iniezioni di liquidità e i tagli dei tassi di interesse, tutti volti a riportare l’economia sulla carreggiata.
Pechino sta utilizzando 2,5 trilioni di RMB per la cancellazione del debito ipotecario per ridurre i costi di servizio per i proprietari di case, in particolare quelli che acquistano una seconda casa.
L'acconto minimo per gli acquirenti che acquistano per la seconda volta è stato ridotto dal 25% al 15%, il tutto nel tentativo di rimettere in moto il mercato immobiliare.
La Banca popolare cinese (PBOC) ha inoltre tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) di 0,5 punti percentuali, iniettando circa 1.000 miliardi di RMB nell'economia.
Potrebbe andare oltre con un ulteriore taglio dallo 0,25 allo 0,5%, a seconda delle condizioni di mercato. Inoltre, ci sono stati tagli dei tassi per i prestiti a sette giorni e a medio termine dallo 0,2 allo 0,25%.
Anche il sostegno ai governi locali è una priorità, con 2mila miliardi di RMB stanziati per obbligazioni sovrane speciali, volte a incoraggiare la spesa dei consumatori e a mantenere a galla le cose a livello regionale.
Le principali banche statali sono state destinate ad una ricapitalizzazione di 1.000 miliardi di RMB per aiutarle a continuare a concedere prestiti nonostante la pressione economica.
L’ultima volta che la Cina ha attuato misure di stimolo su larga scala è stato durante la crisi finanziaria del 2008, e si è concentrata sulla spesa per infrastrutture e assistenza sociale.
All’epoca, la Cina sprigionò 4 trilioni di RMB, all’epoca circa il 13% del suo PIL, che si tradussero in un tasso di crescita del PIL del 9,2% nel 2009.
I fondi hanno contribuito a proteggerla dagli effetti peggiori della recessione globale, e la rapida ripresa ha inviato un chiaro segnale che Pechino sa come gestire la propria economia.
Avanzando rapidamente fino al 2020, la Cina ha risposto alla pandemia di COVID-19 con un altro massiccio pacchetto fiscale. Questo valeva 3,6 trilioni di RMB, circa 510 miliardi di dollari, il 2,5% del PIL cinese.
E sebbene abbia contribuito a stabilizzare l’economia, gli effetti a lungo termine sono stati molto meno drammatici.