Gli economisti dell’Eurozona criticano la Bce per aver ritardato i tagli dei tassi

La Banca Centrale Europea è sotto accusa per aver ritardato i tagli dei tassi di interesse mentre l’economia dell’Eurozona striscia verso la stagnazione.

Dei 72 economisti intervistati, il 46% ritiene che la BCE sia “rimasta dietro la curva”. Sostengono che le sue politiche non corrispondono allo stato disastroso dell’economia. Solo il 43% ritiene che l'approccio della BCE sia “sulla strada giusta”, mentre un clamoroso zero degli intervistati ritiene che sia in anticipo rispetto alle tendenze economiche.

Da giugno, la BCE ha tagliato i tassi quattro volte, portandoli dal 4% al 3%. Questi tagli hanno fatto seguito ad un rapido calo dell’inflazione, ma invece di stabilizzare l’economia, le prospettive dell’Eurozona si sono ulteriormente indebolite.

Il Fondo monetario internazionale (FMI) prevede che l’economia dell’Eurozona crescerà solo dell’1,2% quest’anno. Gli economisti sono ancora meno ottimisti e prevedono solo lo 0,9%. Nel frattempo, si prevede che l’economia statunitense crescerà del 2,2% nello stesso periodo.

Gli economisti ritengono che la strategia della Bce sia troppo lenta

Karsten Junius, capo economista di J Safra Sarasin, ritiene che il problema risieda nel modo in cui vengono prese le decisioni. Ha sottolineato che il consiglio direttivo della BCE ha troppi membri, il che lo rende più lento della Federal Reserve americana o della Banca nazionale svizzera.

Junius ha anche criticato lo stile di leadership della presidente della BCE Christine Lagarde, che dà priorità al consenso piuttosto che alla velocità. Anche le misure caute della banca non sono passate inosservate.

Il capo economista di UniCredit, Erik Nielsen, ha dichiarato: "Non appena il rischio di disancoraggio delle aspettative di inflazione fosse evaporato, avrebbero dovuto tagliare i tassi il più rapidamente possibile". Invece, la BCE ha optato per aggiustamenti graduali che, secondo i critici, stanno facendo più danni che benefici.

Crescita lenta, inflazione e rischi politici

Il divario tra l’Eurozona e gli Stati Uniti sta crescendo e gli economisti si aspettano che la BCE riesca a recuperare terreno per anni. I mercati prevedono che la BCE effettuerà altri quattro o cinque tagli da 25 punti base entro la fine del 2025. Ciò contrasta nettamente con quello della Fed, che dovrebbe abbassare i tassi solo due volte alla fine di quest’anno.

Si prevede che quest’anno l’inflazione media nell’Eurozona scenderà al 2,1%, appena al di sopra del target della BCE. Entro il 2026, si prevede che l’inflazione raggiunga il 2%, ma il percorso verso tale obiettivo è incerto. Non tutti gli economisti sono d’accordo con i tagli dei tassi.

Willem Buiter, ex economista di Citi, ha affermato che l’attuale tasso del 3% della BCE potrebbe essere già troppo basso. Ha sottolineato che l'inflazione core si attesta al 2,7% e che la disoccupazione nell'Eurozona è al minimo storico del 6,3%.

La Francia è diventata un altro grosso grattacapo per la BCE. Per la prima volta, gli economisti vedono la Francia più a rischio dell’Italia per un’improvvisa svendita dei titoli di Stato. Il 58% degli intervistati ha indicato la Francia come la principale preoccupazione, rispetto solo al 7% per l’Italia.

Il cambiamento arriva mentre la politica francese rimane nel caos. Il taglio del deficit di bilancio proposto dall'ex primo ministro Michel Barnier ha scatenato una crisi, portando al collasso del suo governo. Gli economisti temono che l’aumento dei livelli di debito e le politiche populiste possano innescare una crisi finanziaria.

Lena Komileva, capo economista di (g+)economics, ha messo in guardia contro la “fuga di capitali e la volatilità dei mercati” dovuta all'instabilità della Francia. Tuttavia, Ulrike Kastens di DWS è stata più ottimista, affermando che la BCE ha gli strumenti per gestire eventuali ricadute, a differenza della crisi del debito degli anni 2010.

BCE sotto pressione mentre incombono le sfide sull’inflazione

I nuovi dati sull'inflazione attesi potrebbero complicare ulteriormente il compito della BCE. Si prevede che i prezzi al consumo siano aumentati del 2,4% a dicembre, leggermente in aumento rispetto al 2,3% del mese precedente. Si prevede che l’inflazione core, che esclude energia e voci volatili, rimanga bloccata al 2,7%.

L’inflazione persistente è in parte responsabile dei costi del carburante. L’aumento dei prezzi del gas e le incombenti tariffe commerciali statunitensi aumentano l’incertezza. Lagarde ha riconosciuto le sfide ma rimane fiduciosa che l’inflazione raggiunga l’obiettivo del 2% entro la fine del 2025.

In un video pubblicato su X for Christmas, Lagarde ha dichiarato: “Abbiamo fatto progressi significativi nel 2024 nel ridurre l’inflazione. Speriamo che il 2025 sia l’anno in cui raggiungeremo gli obiettivi previsti e pianificati nella nostra strategia”.

Tuttavia, gli investitori e gli economisti rimangono divisi su come dovrebbe procedere la BCE. I mercati prevedono che i tassi scenderanno all’1,75%-2% entro il 2026, ma solo il 19% degli economisti ritiene che la BCE continuerà a tagliare così lontano in futuro.

Nel frattempo, la BCE ha evitato di fornire indicazioni chiare sui tempi o sul ritmo dei tagli dei tassi. L'approccio “meeting-by-meeting” di Lagarde lascia gli analisti perplessi. Gli investitori aspettano di vedere se la banca intraprenderà azioni più coraggiose o si atterrà alla sua strategia incrementale.

Nonostante le crescenti preoccupazioni, la BCE deve ancora segnalare che utilizzerà il suo strumento di protezione della trasmissione (TPI) per stabilizzare i mercati obbligazionari. Solo il 19% degli economisti prevede che la banca ricorra a misure di emergenza quest'anno, nonostante i rischi in Francia e altrove.

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