Come Hong Kong e Macao hanno sequestrato 3 milioni di dollari a JPEX

Le maree del mondo delle criptovalute sono turbolente e la recente tempesta che ha circondato lo scambio di criptovalute JPEX ne è la prova.

Con un'indagine antifrode in corso che fa notizia, le autorità di Hong Kong e Macao hanno sequestrato beni significativi, gettando un'ombra di dubbio sulla piattaforma crittografica, un tempo fiorente.

L'appostamento, l'arresto e i sequestri

Le mosse rapide e tattiche dei migliori esponenti di Hong Kong e Macao hanno portato a scoperte significative nello scandalo JPEX. I primi rapporti di Radio Television Hong Kong hanno rivelato l'arresto di due uomini di Hong Kong.

Il loro presunto coinvolgimento? Aprire conti negli sfarzosi casinò di Macao, apparentemente una copertura per riciclare guadagni illeciti. Il guadagno di questa operazione?

Beni congelati e sequestro di denaro contante per un importo di 14 milioni di dollari di Hong Kong (1,7 milioni di dollari). Una somma notevole, ma, come avrebbero presto scoperto gli investigatori, solo la punta dell’iceberg.

Il South China Morning Post, un’altra fonte locale attendibile, ha dipinto un quadro ancora più cupo. I loro rapporti alludevano all'arresto di altre due persone, con un sospettato che ha fatto di tutto, ricorrendo a distruggidocumenti e persino a candeggina per distruggere le prove.

Le conseguenze di questa operazione furono ancora più redditizie. Un'irruzione in tre appartamenti ha fruttato contanti e oro per un valore complessivo di 8,7 milioni di HKD (1,1 milioni di dollari).

La spirale discendente del JPEX

Ma come siamo arrivati ​​fin qui? Le prime nubi di sospetto si sono formate quando il vigile controllo finanziario di Hong Kong ha lanciato segnali d'allarme riguardo al fatto che JPEX operasse senza le necessarie licenze nella regione.

La bizzarra risposta dell'exchange è stata quella di aumentare le commissioni di prelievo fino all'incredibile cifra di 1.000 dollari.

Se ciò non bastasse, la loro notevole assenza all'evento Token 2049 a Singapore ha rafforzato le preoccupazioni. Sembrava un mordi e fuggi, e le vittime furono lasciate a raccogliere i pezzi.

La ricaduta fu immediata e immensa. Dall'inizio dello scandalo, la rete lanciata dalle autorità ha catturato varie persone legate a JPEX, dagli influencer delle criptovalute agli stessi dipendenti che un tempo sostenevano la piattaforma. Ma i pesci grossi, gli artefici di questo grande inganno, restano sfuggenti.

La portata della truffa ha spinto la polizia di Hong Kong a collaborare con l’Interpol, l’organizzazione di polizia internazionale, per rintracciare i burattinai di questo schema fraudolento.

Lo scandalo JPEX, con i suoi tentacoli di vasta portata, si preannuncia come uno dei casi di frode più significativi di Hong Kong. I numeri parlano da soli: oltre 2.300 denunce angosciate da parte delle vittime e l’incredibile cifra di 178 milioni di dollari di perdite.

E anche se i recenti sequestri e arresti sono encomiabili, non riescono a scalfire la superficie della portata dell'intera truffa.

Inseguendo le ombre e cercando giustizia

In mezzo al caos, una voce emerge: quella del Segretario alla Sicurezza di Hong Kong, Chris Tang Ping-keung. Anche se ha espresso l’impegno a rendere giustizia alle vittime, i fatti parlano più forte delle parole.

La strada da percorrere rimane impegnativa, con molti sospettati ancora in libertà e milioni ancora da recuperare.

JPEX, un tempo un faro nel mondo delle criptovalute, ora funge da ammonimento. Gli eventi in corso ricordano duramente la natura instabile del mondo delle criptovalute.

Anche se i 3 milioni di dollari sequestrati sono un inizio, per le vittime è una corsa contro il tempo per rivendicare ciò che è loro di diritto. Si può solo sperare che la giustizia, anche se ritardata, non venga negata.

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