L’allontanamento tra Stati Uniti e Cina di cui nessuno parla

Le tensioni non sono una novità quando si parla della dinamica USA-Cina. Tuttavia, sotto la superficie delle discussioni tradizionali, si profila un diverso tipo di estraniamento: una divergenza finanziaria che potrebbe benissimo rimodellare i modelli di investimento globali per gli anni a venire.

Sabbie mobili nei terreni di private equity

Immergetevi nel mondo del private equity e scoprirete che il ruolo degli “agenti di collocamento” è diventato sorprendentemente controverso.

Questi intermediari, incaricati di corteggiare gli investitori statunitensi per accordi sul mercato cinese, si trovano ora ad affrontare una resistenza così forte da rasentare l’aperta ostilità.

La crescente esitazione è chiara: consigliare investimenti sul mercato cinese non è più solo considerato rischioso, ma è considerato inconsapevole e, per alcuni, antipatriottico.

Non aiuta il fatto che lo sfondo dell’intero episodio sia caratterizzato dall’agenda del presidente Joe Biden. Sono in corso piani per vietare specifici investimenti di private equity statunitensi in determinati settori cinesi.

I principali attori nel mondo degli investimenti, tra cui Sequoia Capital e GGV Capital, stanno attivamente districando le loro entità commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Inoltre, le azioni della Cina, come l’introduzione di misure anti-spionaggio, leggi sui dati e raid mirati contro aziende statunitensi, hanno esacerbato le ansie degli investitori.

La storia del divieto di viaggio imposto a un banchiere con sede a Hong Kong, insieme alla Camera dei Rappresentanti che punta il dito contro BlackRock per aver potenzialmente aiutato l’esercito cinese, si aggiunge a un complotto che si sta rapidamente infittendo.

Se si aggiunge lo spettro sempre incombente di potenziali sanzioni nel caso in cui la Cina dovesse compiere mosse aggressive nei confronti di Taiwan, si ottiene un cocktail di incertezza.

Timori degli investitori: dove i dollari ora temono di spingersi

Per gli investitori nordamericani, l’idea di immettere nuovo capitale nel private equity cinese sembra sempre più una reliquia del passato. Certo, alcuni potrebbero considerare di reinvestire i guadagni dei fondi passati in aziende familiari, ma questi casi stanno diventando l’eccezione piuttosto che la regola.

Questa esitazione potrebbe essere messa da parte se non fosse per un dettaglio fondamentale: gli investitori nordamericani rappresentano quest’anno ben il 50% di tutti gli investimenti di private equity globali.

Un confronto netto rivela che i fondi focalizzati sull’Asia Pacifico hanno raccolto solo 62 miliardi di dollari quest’anno, un calo sostanziale rispetto ai 173 miliardi di dollari raccolti nello stesso periodo dell’anno precedente.

Le aziende che negli ultimi anni hanno accumulato ingenti fondi incentrati sull’Asia si trovano ora in una posizione precaria. Mentre molti si stanno concentrando sull’India, evitare del tutto la seconda economia più grande del mondo è un enigma.

Inoltre, c’è una notevole spaccatura nei sentimenti degli investitori. Mentre alcuni stakeholder statunitensi si stanno ritirando, alcuni investitori in fondi azionari non statunitensi, in particolare i fondi sovrani del Medio Oriente, stanno cercando attivamente una maggiore esposizione alla Cina.

Bilanciare questi interessi contrastanti richiede destrezza. Ad alcuni gruppi di buyout viene chiesto di elaborare schemi innovativi escludendo il fattore Cina.

Inoltre, gli investitori statunitensi stanno alzando il livello: vogliono controlli più severi sugli investimenti cinesi in fondi di private equity, indipendentemente dall’allocazione dei fondi.

Questa crescente diffidenza nei confronti dell’influenza finanziaria cinese è evidente nelle richieste di mantenere i contributi del gruppo cinese al di sotto del 10% dei fondi totali.

Tali esitazioni hanno delle ripercussioni. L’accettazione del capitale cinese ora porta gli investitori statunitensi a sostenere misure restrittive contro questi stakeholder cinesi.

Ad esempio, spesso vengono loro negati ruoli chiave nei comitati consultivi o opportunità di coinvestimento in entità acquisite.

La disconnessione tra Stati Uniti e Cina nel mondo del private equity non è così evidente come in altri settori. Tuttavia, le sue implicazioni sono profonde. Questo divario segna un cambiamento previsto nei modelli di flusso di capitale globale, costringendo gli operatori a ricalibrare le loro strategie.

Questi professionisti si trovano ora a mediare tra un gruppo eterogeneo di investitori globali, le cui priorità sono sempre più politiche.

Ignorare questa spaccatura finanziaria significa trascurare un capitolo cruciale nella saga USA-Cina, un capitolo che promette di ridefinire le dinamiche degli investimenti globali negli anni a venire.

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